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Foti chiude la porta a Bruxelles


Non ci sarà alcuna proroga per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. A dirlo è Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei e il Pnrr, che a Bologna ha usato parole nette: “Bisogna togliersi dalla testa l’idea della proroga”.

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Pnrr, niente proroghe ma modifiche: Foti chiude la porta a Bruxelles

Le scadenze restano fissate a giugno 2026 e ogni eventuale slittamento richiederebbe la modifica di tre regolamenti europei, operazione considerata politicamente e tecnicamente impraticabile. La strategia italiana cambia dunque tono: da un lato si smette di inseguire la dilazione, dall’altro si rimettono le mani su obiettivi, tappe e allocazioni per evitare di perdere risorse.

La settima rata sotto la lente, con un’estensione in vista

Il 21 marzo il governo ha presentato alla Commissione europea una richiesta formale di modifica alla settima rata del Pnrr. Bruxelles ha ora due mesi per esprimersi. Ma a Palazzo Chigi si lavora già a un’ulteriore proposta da inviare entro fine maggio: una sorta di estensione della revisione, che dovrà ridefinire in maniera strutturale alcune voci. I 6 miliardi originariamente previsti per Transizione 5.0, ma non spesi, saranno reindirizzati su nuovi incentivi per le imprese. Tra le ipotesi sul tavolo, anche una ricalibratura del target sui posti letto delle residenze universitarie, mai davvero decollato.

Il nodo Coesione: risorse libere, ma accordo difficile

Una delle leve più delicate riguarda lo spostamento di alcuni progetti dal Pnrr ai fondi della Politica di Coesione, in modo da liberare risorse da utilizzare all’interno dello stesso Piano. Ma qui il problema è doppio: tecnico e politico. Spostare progetti significa cambiare la natura del finanziamento e ridefinire il perimetro degli interventi; ma soprattutto richiede un’intesa con le Regioni, titolari dirette della gestione dei fondi strutturali. La Commissione europea, tramite un portavoce, ha chiarito che al momento non è arrivata alcuna richiesta ufficiale in tal senso. E l’accordo interno resta lontano.

Foti: “Chi ha strutture lavora bene, altrove si rallenta”

Il ministro insiste sul punto più critico: la capacità attuativa. “Nelle città dove ci sono enti locali strutturati, i lavori procedono velocemente. In altre realtà dove magari vi è un solo tecnico comunale, va messo in conto che i tempi sono diversi”, ha detto, rimarcando l’importanza del monitoraggio. L’Italia, in sintesi, non ha un problema di risorse ma di organizzazione. E la sfida del Pnrr resta innanzitutto una questione di governance. La macchina si muove a velocità differenti, con forti diseguaglianze territoriali che rischiano di compromettere il pieno utilizzo dei fondi.

Una nuova mappa per un’Italia cambiata

“Questo è un Piano scritto quattro anni fa, ma in quattro anni il mondo è cambiato”, ha ricordato Foti. Non è solo una giustificazione, è un programma: l’esecutivo intende adattare gli strumenti agli scenari attuali, rivisitando misure nate in un contesto post-pandemico oggi superato da nuove urgenze. E tra queste, il tema abitativo emerge con forza. Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, coordinatore ANCI per le città metropolitane, lancia una proposta al governo: utilizzare il Pnrr non ancora speso per affrontare l’emergenza abitativa. Una questione che unisce Nord e Sud, e che potrebbe diventare la chiave per ricostruire un consenso largo attorno al Piano.

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