di Erika Noschese La società cooperativa Alma Seges non avrebbe assolto le funzioni previste per le organizzazioni di produttori. È quanto sostiene la Procura di Salerno, che ha avviato un’indagine sulla questione. Dal 2016 al 2022, la Op ha operato lasciando ampia autonomia agli associati in termini di pianificazione, programmazione e organizzazione delle attività produttive, nonché sui costi di produzione e investimenti. In occasione della predisposizione dei Programmi Operativi o delle modifiche agli stessi, la Op si limitava a chiedere agli associati quale tipologia di spesa o investimento intendessero eseguire, fornendo esclusivamente indicazioni burocratico-amministrative per la corretta predisposizione della documentazione necessaria per ottenere i contributi comunitari. Il merito della spesa e degli investimenti restava quindi nelle mani dei singoli aderenti. L’analisi dei dati acquisiti non ha evidenziato interventi da parte della Op volti a modificare, adattare, pianificare o programmare l’attività produttiva degli associati in relazione alla domanda di mercato, né finalizzati a ottimizzare e stabilizzare i costi di produzione. Per quanto riguarda l’immissione sul mercato mediante commercializzazione diretta della produzione, emerge che la maggior parte dei prodotti degli associati, formalmente concentrata o immessa nel mercato tramite Alma Seges, era in realtà venduta autonomamente dai singoli produttori ai clienti finali, senza un’effettiva intermediazione da parte della Op. Quest’ultima, infatti, fatta eccezione per i prodotti detenuti nel proprio magazzino di Eboli, per i quali svolgeva un ruolo attivo nella cessione, si sarebbe limitata a sottoscrivere contratti già definiti tra il produttore associato e l’acquirente finale, senza un concreto intervento nella commercializzazione. La Op non avrebbe dunque avuto i requisiti necessari per essere riconosciuta come tale, ma avrebbe comunque percepito aiuti comunitari sulla base della produzione conferita o ceduta dai singoli associati. Un aspetto rilevante dell’indagine riguarda il ruolo della famiglia Bianchino. Le varie ditte appartenenti alla famiglia effettuavano cessioni di prodotti ortofrutticoli alla Alma Seges, che a sua volta li rivendeva, in identiche quantità e allo stesso prezzo, alla società Sviluppo Agricolo Bianchino S.r.l. Tuttavia, i prodotti venduti alla Op e successivamente ceduti a questa società non transitavano per i magazzini della cooperativa, ma venivano direttamente inviati alla sede della Sviluppo Agricolo Bianchino. In questo contesto, emerge che Alma Seges si limitava a svolgere un’attività di fatturazione, fungendo da intermediaria tra le piccole attività di produzione ortofrutticola e la società oggetto del controllo, senza effettuare alcuna verifica sulla merce effettivamente venduta o acquistata. Attraverso questo sistema, la Op riusciva a ottenere finanziamenti per i progetti dei Programmi Operativi 2012-2016 della Regione Campania. In particolare, Alma Seges percepiva un contributo comunitario pari al 50% della spesa fatturata dai singoli produttori agricoli, redistribuendo successivamente tale importo tra gli stessi produttori, trattenendo circa il 10% per spese quali consulenze, agronomi e manifestazioni. A fornire dettagli sulla gestione contabile della Sviluppo Agricolo Bianchino è stato un addetto alla contabilità, secondo il quale le ditte individuali Hesse Angelika, Bianchino Antonio, Bianchino Concetta, Bianchino Iolanda, Migliore Rosa e Bianchino Alessandra erano amministrate in modo unitario. Dal punto di vista amministrativo, contabile e finanziario, la gestione era principalmente affidata a Bianchino Gennaro, che manteneva i contatti con clienti e fornitori, effettuava i relativi pagamenti e firmava assegni per conto terzi. Dalle indagini emerge inoltre che le imprese individuali agricole Casetta Rossa di Bianchino Concetta, Bianchino Iolanda, Bianchino Alessandra, Bianchino Antonio, Ape Regina di Migliore Rosa e La Coccinella di Hesse Angelika erano associate alla cooperativa Alma Seges, con l’obbligo di conferire i prodotti ortofrutticoli coltivati. Tra il 2015 e il 2020, queste ditte effettuavano numerose cessioni di beni alla cooperativa, applicando l’aliquota IVA del 4% prevista per il settore agricolo. Tuttavia, dagli accertamenti svolti sui documenti di trasporto emerge un modus operandi insolito. Sulle fatture veniva apposta la dicitura “merce venduta in nome e per conto dell’Alma Seges”, ma, nonostante l’operazione di acquisto avvenisse tra una delle imprese individuali della famiglia Bianchino e la cooperativa, il destinatario della merce risultava essere la Sviluppo Agricolo Bianchino. Inoltre, nei documenti mancavano la firma del conducente responsabile del trasporto, quella del destinatario della merce, l’orario e la data del ritiro, così come la tipologia del mezzo di trasporto utilizzato. Inoltre, nei documenti esaminati, Alma Seges non solo inseriva la dicitura “socio”, indicando il nome di una delle imprese individuali della famiglia Bianchino, ma esponeva anche quantitativi di merce e prezzi (imponibile ed IVA) esattamente corrispondenti a quelli riportati nelle fatture di acquisto ricevute dalle ditte individuali, designate di volta in volta come soci.
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