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“Art-bonus”: per richiederlo occorre presentare il Provvedimento attestante l’interesse culturale rilasciato dal Ministero della Cultura


L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 119 del 28 aprile 2025, ha fornito chiarimenti in ordine alla possibilità di godere del credito d’imposta denominato “Art-bonus” nel caso di erogazioni liberali finalizzate al sostegno dell’attività di ristrutturazione di un locale destinato a Teatro, di proprietà di una Società cooperativa, sul quale è stato costituito un diritto di superficie a favore di un Ente territoriale.

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Il Comune istante, in virtù di un contratto di locazione stipulato con una Società cooperativa proprietaria di un immobile, ha detenuto in locazione detto immobile destinato a Teatro e, più in generale, a luogo di pubblico spettacolo.

Poiché l’immobile necessitava di lavori di ristrutturazione, con Deliberazione del Consiglio comunale è stata autorizzata la costituzione di un diritto di superficie, a titolo oneroso, con una durata di 25 anni rinnovabili a decorrere dall’atto notarile di stipula, con la specifica previsione della risoluzione del predetto contratto se entro 3 anni dalla data della stipula non saranno terminati i lavori di ristrutturazione concordati tra le parti.

Con Determinazione dirigenziale è stata approvata la costituzione a favore del Comune del diritto di superficie ed è stato sottoscritto il relativo contratto.

Ciò posto, il Comune ha chiesto se gli interventi di ristrutturazione in questione rientrino tra quelli di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici di cui all’art. 1, comma 1, del Dl. n. 83/2014 e se le erogazioni liberali in denaro ricevute per sovvenzionare tali interventi danno diritto al credito d’imposta (c.d. ‘‘Art-bonus’’).

Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che la suddetta norma prevede un credito d’imposta nella misura del 65% delle erogazioni effettuate in denaro da persone fisiche, enti non commerciali e soggetti titolari di reddito d’impresa per “interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni liricosinfoniche e dei teatri di tradizione, delle istituzioni concertistico orchestrali, dei teatri nazionali, dei teatri di rilevante interesse culturale, dei festival, delle imprese e dei centri di produzione teatrale e di danza, nonché dei circuiti di distribuzione e per la realizzazione di nuove strutture, il restauro e il potenziamento di quelle esistenti di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo”. Tale credito d’imposta, riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15% del reddito imponibile ed ai soggetti titolari di reddito d’impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui, ripartito in 3 quote annuali di pari importo, è altresì riconosciuto anche qualora le erogazioni liberali in denaro effettuate per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici siano destinate ai soggetti concessionari o affidatari dei beni oggetto di tali interventi.

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Come precisato nella Circolare del 31 luglio 2014, n. 24/E e, da ultimo, nella Circolare del 28 dicembre 2023, n. 34/E, il credito d’imposta spetta per le erogazioni liberali effettuate in denaro per i seguenti scopi:

  • interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici;
  • il sostegno di “Istituti e Luoghi della cultura di appartenenza pubblica” come definiti dall’art. 101 del “Codice dei Beni culturali e del Paesaggio” di cui al Dlgs. n. 42/2004, nonché delle Fondazioni liricosinfoniche e dei Teatri di tradizione, delle Istituzioni concertistico orchestrali, dei Teatri nazionali, dei Teatri di rilevante interesse culturale, dei Festival, delle Imprese e dei Centri di produzione teatrale e di danza, nonché dei Circuiti di distribuzione, come integrato dall’art. 5, comma 1, della Legge n. 175/2017;
  • realizzazione di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti di Enti o Istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo;
  • realizzazione di interventi di restauro, protezione e manutenzione di beni culturali pubblici qualora vi siano soggetti concessionari o affidatari del bene stesso.

Rientrano tra le spese agevolabili anche quelle sostenute per la progettazione dei lavori sopra elencati.

Con riferimento alla fattispecie in esame, al fine di verificare se la costituzione di un diritto di superficie costituisca titolo idoneo ai fini della applicazione della normativa sopra citata, l’Agenzia delle Entrate ha dovuto acquisire il parere dal competente Ministero della Cultura.

Detto Ministero ha affermato che il diritto di superficie “si sostanzia nel diritto di costruire al di sopra o al di sotto del suolo di proprietà di altri e conservare la proprietà della costruzione. Ai sensi del comma 2 dell’art. 952, tra l’altro, tale diritto può riguardare l’alienazione della proprietà di una costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo. Sebbene la costituzione del diritto di superficie possa dar luogo ad una proprietà piena ed esclusiva di un bene immobile, tale da poter considerare il medesimo come di appartenenza pubblica, relativamente allo specifico caso sottoposto al parere di questo Ufficio, emergono le seguenti criticità. In primo luogo, non è chiara l’attuale vigenza del contratto di costituzione del diritto superficie sottoscritto in data 11 marzo 2021, considerato che nel medesimo è stata inserita una clausola risolutiva espressa ai sensi della quale il diritto di superficie si risolve se entro tre anni dalla data della stipula i lavori di ristrutturazione non saranno terminati. In secondo luogo, nell’atto di interpello non sono presenti elementi a sufficienza tali da consentire una valutazione in merito all’effettivo valore culturale del bene. A riguardo, l’art. 10, comma 1, del ‘Codice dei Beni culturali e del Paesaggio’, individua quali beni culturali ‘le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri Enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro Ente ed Istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli Enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico’. Ai sensi del successivo art. 12, ‘le cose indicate all’art. 10, comma 1, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre 70 anni, sono sottoposte alle disposizioni della presente Parte fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al comma 2’. In sostanza, la Legge introduce una vera e propria presunzione di culturalità di tutte le cose di proprietà di soggetti pubblici o di enti non lucrativi che abbiano più di settanta anni o che siano opera di autore non più vivente. Tale qualità non è però definitivamente acquisita, dato che la Legge prevede un’espressa procedura di conferma. La sottoposizione a tutela di tutti i beni individuati attraverso il combinato disposto dall’art. 10, comma 1 e comma 5, è provvisoria, in attesa di una verifica ad hoc da svolgersi da parte della amministrazione dei beni culturali ai sensi dell’art. 12, comma 1. Di rimando, la qualità di bene culturale si consolida definitivamente per i beni di proprietà di tali enti, a seguito della verifica ex art. 12, comma 2, che opera da condizione risolutiva (se negativa) o da conferma (se positiva). Cosicché l’assoggettamento a tutela delle cose di proprietà pubblica, in base ad una presunzione juris tantum della qualità culturale, non opera a tempo indeterminato ma assume la funzione di misura cautelare a carattere provvisorio, ancorata a requisiti oggettivi e destinata eventualmente a venir meno con la conclusione del procedimento di verifica. Ne deriva che, ai fini del riconoscimento di un vantaggio di natura economica, quale può essere considerato il beneficio fiscale in parola, è necessario che la qualità di bene culturale sia cristallizzata attraverso la verifica di cui all’art. 12 del ‘Codice dei Beni culturali e del Paesaggio’. Infatti, il riconoscimento dell’interesse culturale attribuito in via presuntiva dall’art. 10, comma 1, del ‘Codice’ è finalizzato a garantire la massima tutela di alcune tipologie di beni al fine di scongiurarne la modifica, il deperimento, la distruzione mediante l’applicazione della speciale disciplina di settore. Tuttavia, qualora a seguito della verifica ex art. 12, comma 2, dovesse emergere la carenza di interesse culturale, quanto alle citate finalità di tutela non emergerebbero conseguenze rilevanti: il bene tornerebbe ad essere assoggettato ad un regime ordinario, spogliato della tutela fornita dalla Parte II del ‘Codice dei Beni culturali e del Paesaggio’. Diversamente, nel caso dell’attribuzione di vantaggi di natura economica, la mancata conferma della culturalità del bene comporterebbe la ripetizione del vantaggio di natura economia ottenuto senza alcun titolo, generando un inevitabile aggravio per l’Amministrazione. Alla luce di quanto innanzi, si ritiene che, ai fini dell’ammissibilità al beneficio fiscale di ‘Art-bonus’ di cui all’art. 1, comma 1, del Dl. n. 83/2014, l’Istante debba presentare, in sede di domanda, il Provvedimento attestante l’interesse culturale rilasciato dal competente Ufficio del Ministero della Cultura”.





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