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Opinioni | La formula che dimostra che il Pil americano ha frenato davvero (e Trump ha torto)


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La caduta del Pil americano dello 0,3% nel primo trimestre di quest’anno rispetto al trimestre precedente ha attirato molta attenzione nel mondo. Una parte dei commentatori hanno però in qualche modo minimizzato la caduta imputandola a un effetto, pressoché meccanico, relativo a come il Pil viene calcolato. In realtà, non si tratta di un effetto meccanico, ma di una effettiva brusca frenata della produzione

In contabilità nazionale esiste una relazione contabile tra il Prodotto interno lordo (Pil) e le sue componenti (in termini di domanda di beni e servizi). Consentitemi, come fatto da altri, l’uso di una semplice formula: 

Pil= Consumi+Investimenti+ Spesa Pubblica+Esportazioni–Importazioni

Questa formula vi dice che quanto viene prodotto (il Pil) equivale alla domanda per quello che viene prodotto da parte di un certo Paese

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Le prime tre voci rappresentano la domanda di beni e servizi di residenti privati (per consumi e investimenti) e pubblici (la spesa pubblica). La quarta voce (le esportazioni) è costituita dalla domanda da parte dell’estero. Le prime quattro voci, quindi, sono la domanda di beni e servizi che potenzialmente può essere soddisfatta dalla produzione nazionale. È la cosiddetta «domanda aggregata». 

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Parte di questa domanda viene soddisfatta però attraverso importazioni, l’ultima voce. Le importazioni appaiono nella formula con segno negativo perché, se la domanda viene soddisfatta attraverso beni prodotti all’estero, piuttosto che da produzione interna, il Pil, per data domanda, si riduce. 

È su questo effetto che alcuni commentatori si sono focalizzati per spiegare cosa è successo negli Usa. Le importazioni sono molto aumentate nel primo trimestre dell’anno per anticipare acquisti dall’estero prima dell’’aumento dei dazi a inizio aprile. Ma se le importazioni aumentano, il Pil deve scendere, lo dice la formula.

In realtà non c’è nessun motivo economico diretto per cui, se si anticipano gli acquisti di prodotti dall’estero, la produzione interna deve ridursi

Pensate a un’impresa che produce, per esempio, biciclette utilizzando gomme importate dall’estero. Decide di importarne di più a marzo perché sa che le gomme costeranno di più in aprile. Perché mai dovrebbe ridurre la produzione delle sue biciclette, se pensa di poterle vendere? Eppure, la formula soprastante sembra dirci che il Pil dovrebbe scendere! In realtà non ce lo dice. 

Torniamo alla nostra impresa: se compra più gomme di biciclette dall’estero, queste vanno ad accumulare le scorte di gomme che saranno utilizzate nella produzione futura. In contabilità nazionale, questo è considerato un investimento (in scorte). Nella formula soprastante, allora, quando l’impresa anticipa gli acquisti dall’estero aumentano sia le importazioni, sia gli investimenti: l’effetto sul Pil è quindi nullo. E, in effetti, gli investimenti delle imprese americane sono aumentati molto nel primo trimestre. Il cerchio è chiuso.

Quello che può aver ingannato è che gli istituti di statistica, compreso quelli americani, riportano ogni trimestre il contributo al Pil del settore estero, dato dalla differenza tra importazioni ed esportazioni. Ma questo è un contributo a parità di altre condizioni. Se l’aumento delle importazioni è per scorte, aumentano anche gli investimenti e l’effetto si annulla.

La caduta del Pil americano riflette quindi un effettivo rallentamento della produzione, causato, probabilmente, sia da un naturale calo della crescita dopo un periodo di forte dinamica nel corso del 2024, sia dal clima di incertezza causato dalle prime mosse trumpiane. Unica cosa da tenere a mente è che negli Stati Uniti i tassi di crescita rispetto al trimestre precedente sono «annualizzati» (ossia si riferiscono a cosa accadrebbe al Pil annuale se per tutto l’anno crescesse alla stessa velocità mostrata nel trimestre). Per cui una caduta del Pil dello 0,3% corrisponde a una discesa, rispetto al trimestre precedente, di circa lo 0,07%, una discesa minuscola

Si tratta comunque di una frenata brusca rispetto alla crescita del 0,7% del Pil del trimestre precedente e (udite, udite) allo 0,4% dell’Euro Zona, la prima volta che battiamo lo zio Sam da anni. 

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Ed è una frenata effettiva, non un artificio contabile, purtroppo per Trump.

2 maggio 2025 ( modifica il 2 maggio 2025 | 10:10)



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