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«Con l’Alleanza per Torino la politica chiede alla società civile di partecipare di più. E questo è un segnale positivo»


di
Paolo Coccorese

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Anna Maria Poggi, alla guida della Fondazione Crt, riflette sulla futura lista civica: «L’idea di un’alleanza per la città è una formula forte»

«La nascita della prima Alleanza per Torino ha segnato una fase di passaggio importante. In città è stata legata a doppio filo con Valentino Castellani: il sindaco è stato un traghettatore in un momento di sfascio generale. Ma, guardando al contesto nazionale, da chi, come me, crede nel ruolo formativo dei partiti, il periodo di Tangentopoli non ha portato una trasformazione del tutto positiva». Partire dal lontano 1993 è inevitabile per riflettere sulla rinascita di Alleanza per Torino: l’associazione di professori, professionisti e giovani che punta a diventare la futura lista civica a sostegno del sindaco Stefano Lo Russo. A parlarne è Anna Maria Poggi, docente di Diritto istituzionale e oggi alla guida della Fondazione Crt, chiamata a rilanciarla dopo un periodo complesso.

Presidente, è anacronistico guardare al futuro ripartendo da Alleanza per Torino?
«No. Quello fu un momento diverso, ma significativo. La figura di Castellani, allora come oggi, è centrale. È una personalità civica, ma non antipolitica, e porta con sé un chiaro sistema di valori. Questo è il punto da cui ripartire. Per gli over 50, Alleanza per Torino può avere un sapore nostalgico. Per i più giovani, invece, è una novità interessante: l’idea di un’alleanza per la città è una formula forte».




















































Perché la ritiene una proposta attuale?
«Perché non è un’operazione “contro”, ma un progetto profondamente politico. Coinvolgere le persone e farle appassionare alla politica è il traguardo più alto. Poi certo, ci sarà da dialogare con i partiti. Ma resta un’esperienza autentica di democrazia diretta. In fondo, ad Atene la politica si faceva nella piazza, senza partiti».

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Vede con favore l’idea di un nuovo patto per Torino, come quello ricordato da Enrico Salza?
«Sì, credo sia necessario. Dopo gli anni del populismo, che qui come altrove hanno svuotato il senso della politica, serve un’alleanza per lo sviluppo della città. Un patto costruttivo, che coinvolga forze nuove, con l’obiettivo di costruire, non demolire».

La vecchia Alleanza per Torino scelse il sindaco. Oggi è il sindaco Lo Russo a proporla. È un limite?
«Al contrario, la trovo una prospettiva interessante. Il sindaco si apre a forze diverse, anche a quelle che oggi non si riconoscono nei partiti e non frequentano le sezioni. È la politica che chiede alla società civile di partecipare di più. E questo è un segnale positivo».

Così, questa associazione non si rischia di perdere indipendenza?
«Chiariamo: una lista civica a sostegno di un’amministrazione comunale non potrà occuparsi di tutto, ma si concentrerà sui temi legati allo sviluppo. Avrà quindi un campo d’azione definito. Forse, avrà anche le mani legate su certe cose. Ricordiamoci, però, che opererà a livello locale, non nazionale, quindi sarà impegnata a offrire proposte concrete basate su competenze ed esperienze».

Il presidente sarà Pietro Garibaldi.
«È un intellettuale autorevole, un professore che ha dimostrato impegno concreto per Torino: ha portato il Festival dell’Economia e, da presidente del circolo dello Sporting, ha contribuito al successo delle Atp Finals. Poi, è un punto di contatto con una parte della città che ha una chiara visione di sviluppo. Può essere un buon collante con quella parte di società civile».

Salza ha detto che servono persone di qualità, ma senza personalismi. È d’accordo?
«Assolutamente. Servono persone che abbiano a cuore la città, che ci mettano la faccia e vogliano davvero contribuire allo sviluppo. Non servono protagonismi, ma volontà e spirito di servizio».

Come garantire che le scelte difficili – come la transizione ecologica o l’inclusione – tengano conto della pluralità dei punti di vista? A Torino il dibattito è troppo chiuso?
«Rispetto ad altre città e al panorama europeo, non mi sembra che il dibattito sia asfittico. Allargare la partecipazione è sempre complicato, ma è giusto ribadire il ruolo degli organismi che devono mediare e decidere. Mi ha colpito, ad esempio, che durante la presentazione dello stato di sviluppo della città, una slide mostrasse i desideri dei torinesi: una città verde, con barchette e mongolfiere. Ecco, la politica deve saper mediare tra visioni suggestive e la necessità di scelte concrete».

Il primo evento dell’Alleanza per Torino sarà un dibattito aperto con i candidati rettore dell’Università di Torino?
«È importante che la città sappia che si sta scegliendo il nuovo rettore o rettrice. L’Università è una delle istituzioni più rilevanti per numero di dipendenti e per impatto sul territorio. Detto questo, è giusto che la decisione resti nelle mani di chi è informato e coinvolto direttamente».

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