L’Italia alla prova della sfida digitale, tema essenziale di oggi: i punti di forza e i margini di miglioramento nell’analisi di Ubaldo Livolsi
ROMA – “Mentre l’attenzione è (comprensibilmente) catalizzata dalla guerra sui dazi – e dalla scomparsa di Papa Francesco – passano in secondo piano aspetti decisivi, anch’essi legati a questo conflitto commerciale. In un mondo in cui i dati sono il nuovo petrolio e l’intelligenza artificiale il motore dell’economia, il tema della sovranità digitale è essenziale. Sovranità digitale significa avere il controllo sulle infrastrutture, sulla sicurezza, sull’accesso ai dati e sulla capacità di innovare. E oggi l’Europa può essere il motore di questa sfida”. È la riflessione di Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., nel nuovo appuntamento della sua rubrica con l’agenzia Dire, curata da Angelica Bianco.
“Il progetto Gaia-X- spiega- punta a creare un cloud europeo sicuro e trasparente, alternativo ai monopoli americani e cinesi. Con l’European Chips Act, l’Ue vuole riportare in Europa la produzione di semiconduttori strategici. Il Digital Services Act e il Digital Markets Act danno regole chiare alle grandi piattaforme, tutelando cittadini e imprese. E con l’AI Act, Bruxelles ha scritto il primo codice etico e giuridico globale sull’intelligenza artificiale. L’Italia deve saper cogliere opportunità da tale contesto. Il supercomputer Leonardo, uno dei più potenti al mondo, finanziato da Bruxelles, Italia e altri partner, ci ha portati sul podio globale per capacità di calcolo. Gli attori strategici italiani ci sono, tra gli altri: Open Fiber e Infratel per le infrastrutture di connettività, Cdp Venture Capital per il sostegno all’innovazione e alle startup, Leonardo nel supercalcolo e nella difesa cyber; il Centro Nazionale per l’Hpc, Big Data e Quantum Computing (Icsc), nato dal Pnrr, la rete dei Competence Center e dei Digital Innovation Hub, fondamentali per portare il digitale nelle Pmi; Sogei, per la digitalizzazione della Pa”.
“Eppure- riprende Livolsi- il nostro Paese è ancora in ritardo nella digitalizzazione dei rapporti della pubblica amministrazione con cittadini e imprese. Secondo i dati Eurostat del 2024, solo il 55,1% degli italiani interagisce con gli enti pubblici attraverso Internet, quasi il 15% in meno rispetto alla media dell’Unione europea. L’Italia è al terzultimo posto nell’Ue per il consumo di servizi burocratici online, seguita soltanto da Bulgaria (31,5%) e Romania (25,3%). Ritardi che pesano sulla competitività del sistema-Paese. Concordo con quanto afferma Daniele Manca: i 6,3 miliardi della Transizione 5.0, destinati a rafforzare la digitalizzazione della manifattura e dei servizi, rischiano di essere dirottati per tamponare le difficoltà causate dalla guerra dei dazi, anziché essere usati per potenziare il futuro industriale del Paese. Interrompere questa traiettoria significa sacrificare non solo la competitività attuale, ma anche quella futura”.
“Anche le università e i centri di ricerca devono tornare centrali nella formazione del capitale umano digitale. Come docente alla Link Campus University, vedo ogni giorno studenti desiderosi di essere parte di questa rivoluzione, ma serve un sistema che li accolga, li formi, li trattenga” conclude.
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